Ed ecco la seconda parte del mio contributo per iS,
il periodico di Pearson per l’innovazione didattica – e non solo.

Qui il link diretto, e qui sotto il testo completo: buona lettura,
mentre per le immagini e lo schema rinvio volentieri al sito iS di Pearson.


È da poco stata pubblicata la prima parte di un mio piccolo contributo per iS,
il periodico di Pearson per l’innovazione didattica – e non solo.

Racconta quasi due anni di esperienza tra tablet (iPad, per la precisione),
lim (lavagne interattive multimediali, di due tipi differenti) e altre cosucce del genere.

Qui il link diretto, e qui sotto il testo completo: buona lettura!


Ma cos’è, dopotutto, un ebook?
La risposta immediata che ci viene proposta è: un libro elettronico.
Linguaggiando in tal guisa, scatta automatica l’equazione: l’ebook non è altro che un libro,
così come siamo abituati a pensarlo, solamente in formato digitale.

Una serie di icone mimetiche sostengono questa idea: la metafora della libreria,
nel senso degli scaffali “fisici” sui quali allineiamo i nostri ebook
(penso in particolare all’app iBooks per iPad), o la metafora dello sfogliare le pagine,
giocando in punta di dito sul bordo dello schermo, o quella del segnalibro
Chi ha pensato l’approccio e l’interfaccia visiva degli ebook, in effetti, vuole rendere familiare l’esperienza di lettura e, prima ancora, di “uso” di questo nuovo oggetto.
Ma coglie nel segno?

In realtà qui siamo davanti ad un’aporia del linguaggio, anzi, forse a una sorta di inganno. Vediamo perché. 


Qualche giorno fa ho avuto un’interessante discussione
intorno al tema della “scuola digitale”,
o per meglio dire circa l’ingresso dei tablet nelle aule scolastiche.
Il caso concreto è quello di una madre che ha iscritto il figlio
in una di quelle “classi sperimentali” che in Italia stanno appunto testando il passaggio
dalla carta al digitale, introducendo iPad e similari nelle aule
per digitalizzare l’insegnamento e l’apprendimento.
Con mio stupore, la tematica (e problematica) principale della discussione era condensabile in uno sfogo di questo tenore:
«Ma insomma, pensavo che avremmo risparmiato dei soldi,
visto che la carta non c’è più… E invece…».
Nell’ipotesi in cui qualche altro genitore sia abbagliato da una simile prospettiva,
ecco le mie considerazioni in merito. 


Trasmettere il sapere: nella vulgata corrente è questa
la missione primaria del docente.
È possibile che molti di noi usino questa espressione in un senso buono,
caricandola dei significati vivificanti di cui parleremo tra breve.
Sono ormai convinto, tuttavia, che si tratti di una definizione
o almeno di una descrizione – fallace, anzi gravemente distorcente.

Vedi, il verbo “mettere” deriva dal latino mittere, che significa «mandare»
e «porre, mettere, collocare».