L’altro giorno ho affermato – punto 4 del mio articolo sull’ultima strage di Parigi –
che l’islam è – su alcuni punti centrali e identitari – “irreformabile”:
a più forte ragione condivido volentieri il link a un discorso del 28 dicembre 2014
che, per quanto parziale, per quanto da confermare nei suoi contenuti linguistici
e di discorso complessivo, lascia intravedere una possibilità differente.
Una possibilità tutta da verificare, naturalmente, ma tanto più interessante
perché avanzata non da un intellettuale, non da un religioso, bensì da un politico,
e di un certo peso: stiamo parlando di al-Sisi, il generale attualmente presidente dell’Egitto:
Egyptian President Al-Sisi at Al-Azhar: We Must Revolutionize Our Religion
Certo, il “mondo islamico” ha già visto in azione un Atatürk – per dire, e per quanto… –
ma sentire parlare proprio oggi, e presso al-Azhar,
di distinzione tra “religione” e “ideologia” islamica
– affine al punto 3 del succitato articolo di ieri – e di paura generata nel mondo
dalla «ideologia santificata» dell’islamismo, è qualcosa che vale la pena di ascoltare:
«È inconcepibile che gli altri 5,5 miliardi di abitanti del mondo debbano
avere paura di quel miliardo e mezzo di persone che si professano musulmane»;
e: «Bisogna guardarci dall’esterno di noi stessi», assumendo un nuovo punto di vista;
e: «Noi dobbiamo rivoluzionare la nostra religione»;
e ancora, e infine, il gesto, che sottolinea e dice più delle parole:
quel dito indice puntato su di sé, e sul “noi” della comunità islamica:
«Noi stessi stiamo portando la nazione islamica alla distruzione».
Quanto spero, pertanto, di sbagliarmi.
Cordialmente,
mm
Egyptian President Al-Sisi at Al-Azhar: We Must Revolutionize Our Religion