Eugenio Corti è morto.
4 febbraio 2014.
Una sera d’inverno.
A sera, come a giornata compiuta.
In casa sua, come si conviene.
Nella sua casa, nella loro casa antica,
dimora di quel nome brianteo scolpito in migliaia di cuori.
A 93 anni da poco perfetti, ha compiuto il suo viaggio visibile:
9 e 3, i due numeri che sorreggono l’intera Commedia di Dante.
Ha attraversato le fiamme fasciste, e naziste, conservandosi puro
quando tutto – o quasi – era lordo.
Quando intorno grandinava la peste di carne e metallo.
Ha viaggiato per la terra desolata, ha poggiato i piedi e lo sguardo sull’abisso,
sull’orrore apparecchiato per il mondo
da quel genio infame che ha nome comunista.
È tornato dall’inferno – quello che noi uomini, soli, sappiamo creare sulla terra –
per narrarlo ai comuni mortali.
A noi.
Ha visto e non è rimasto confuso.
Ha visto e ha capito, perché voleva vedere, e voleva comprendere.
Perché voleva amare, perché ci ha amati.
Perché ha visto oltre la tenebra.
Eugenio Corti è il più grande narratore italiano del XX secolo.
Ora canta il canto che non finisce.
Grazie, Eugenio, per quello che hai fatto, con quell’angelo di nome Vanda.
Per quello che sei, per quello che siete.
Marco Meschini e Sara Papa
Per approfondire la vita e le opere di Eugenio Corti:
www.eugeniocorti.net
www.aciec.org
www.ares.mi.it