Ma l’ebook è il libro digitale?


Ma cos’è, dopotutto, un ebook?
La risposta immediata che ci viene proposta è: un libro elettronico.
Linguaggiando in tal guisa, scatta automatica l’equazione: l’ebook non è altro che un libro,
così come siamo abituati a pensarlo, solamente in formato digitale.

Una serie di icone mimetiche sostengono questa idea: la metafora della libreria,
nel senso degli scaffali “fisici” sui quali allineiamo i nostri ebook
(penso in particolare all’app iBooks per iPad), o la metafora dello sfogliare le pagine,
giocando in punta di dito sul bordo dello schermo, o quella del segnalibro
Chi ha pensato l’approccio e l’interfaccia visiva degli ebook, in effetti, vuole rendere familiare l’esperienza di lettura e, prima ancora, di “uso” di questo nuovo oggetto.
Ma coglie nel segno?

In realtà qui siamo davanti ad un’aporia del linguaggio, anzi, forse a una sorta di inganno. Vediamo perché. 

Anzitutto, bisogna ricordarsi che il libro è una forma di tecnologia. Il libro è tecnologia.
Una tecnologia talmente semplice eperfetta” – nel senso etimologico
di “completamente realizzata, compiuta” – che fatichiamo a riconoscerlo,
come se il libro si desse in natura.
Eppure, come il pane – altro “prodotto” di un’alta tecnologia umana –,
il libro non si trova nei mari o nelle foreste, anche se il suo nome è legato,
per tradizione e per convenzione, alla «corteccia» (liber, in latino) degli alberi,
ovvero a uno dei possibili supporti fisici che sono parte costitutiva del libro.

Il libro è una tecnologia perfetta, interattiva, piuttosto duratura e semplice,
tanto che per avere un libro bastano un supporto materiale relativamente semplice
(oggi carta, inchiostro, un po’ di colla e poco altro) e il corpo umano per usarlo.
Infatti il libro è un medium completamente a misura d’uomo,
che si attiva per la semplice azione di una mano e di un occhio.

Ma questo non è ancora abbastanza: perché il libro ha quella forza,
anzi quel potere che, più o meno implicitamente, tutti gli riconosciamo?
Per varie ragioni, di cui almeno due sono essenziali.

1. Il libro è fondato sul ragionamento lineare, progressivo, sistematico:
di pagina in pagina, in una dimensione tridimensionale – perché il libro “affonda”,
“spinge” il suo viaggio all’interno, nel profondo della materia e del pensiero –,
frutto com’è di un lavoro solitario e strenuamente esigente (W. Ong),
il libro è comunicazione e partecipazione di qualcosa di strutturato razionalmente:
se a pagina 1 affermo A, a pagina 2 non “posso” affermare non-A.
Il libro è intrinsecamente storico, denso, veritativo,
almeno nel senso logico e formale della parola.

2. Il libro è autonomo, in un certo senso “vive” di vita propria,
come suggerisce un adagio popolare: «Lo dice il libro».
Lo «dice», cioè lo afferma, lo pronunzia assertivamente, con autorità,
derivante dalla sua stessa natura duale:
perché il libro è la fusione tra un elemento fisico (il supporto)
e un elemento immateriale (il testo). Ecco dunque cosa rende “unico” e prezioso
il libro, anche se sappiamo che ne possono esistere molte o moltissime copie:
perché il libro è analogicamente simile al suo creatore, l’uomo:
a propria immagine e somiglianza lo fece, come fusione di terra e aria, corpo e spirito.

Ora, cosa rimane di questi due fondamenti, con l’ebook?

1. Il ragionamento lineare si può conservare – si può –,
anche se il liquido dell’amnio digitale è progettualmente innervato di link,
di rimandi continui e distraenti, circolari più che lineari.
Qui, il grande inganno del “più è meglio” anguilla a ogni minimo sommovimento del feto.
Del “più” multimediale, invece, spero di dire in altra occasione.

2. L’ebook è in realtà un e-text, un testo elettrico, digitale,
come ha ben scritto Gino Roncaglia: «Non esistono “libri elettronici”:
esistono oggetti informativi digitali» (La quarta rivoluzione, Laterza 2012, p. 38).
Questo perché io posso travasare il contenuto – il testo digitale –
in molte forme, fogge e maniere, da un dispositivo di lettura a un altro, e un altro ancora, come una peripatetica metempsicosi di immaterialità.
Il vantaggio evidente è l’ubiquità dei testi; ma lo svantaggio è superiore:
la fusione-fissione tra supporto e testo, tra corpo e spirito, si rompe,
anzi diventa controproducente.
È la rivincita dello spirito sul corpo?
Piuttosto, è la “morte” del libro, o meglio un decadimento di dignità,
come se la creatura finisse fuori dal paradiso della somiglianza con il suo dio.

Ecco perché uso gli ebook, e amo i libri.

Cordialmente,

mm

P.S.: di queste e altre cose si parlerà nella puntata dedicata alla lettera L (Libro)
di Digito ergo sum: qui il collegamento.